On Anger

Sulla Rabbia

TRADUZIONE A CURA DI Lucia Salvato

Nota Originale by Wentworth Miller (QUI) 13 Giugno 2018.

C’è un Vecchio Detto, dapprima scritto in Sanscrito, sulla pietra, quando il mondo era più giovane di adesso, che diceva così: “Gratta un uomo triste, troverai un uomo arrabbiato. Gratta un uomo arrabbiato, troverai un uomo triste.”

 

Significa che gli uomini hanno bisogno di grattarsi. Preferibilmente di grattarsi il dorso (N.d.T. gioco di parole “”grattarsi il dorso” da “back-scratching” = aiutarsi a vicenda).

 

Vi sto prendendo in giro. Non c’è nessun Vecchio Detto. L’ho inventato io. Ma il concetto è vero. O ritenuto vero. È uno dei concetti di cui sono venuto a conoscenza facendo il mio lavoro con gli altri uomini (n.d.T. il Mankind project). Gli Uomini Tristi sono segretamente arrabbiati e gli Uomini Arrabbiati sono segretamente tristi.

 

Per (alcuni) uomini, la rabbia e la tristezza sono due delle emozioni più difficili (se non impossibili) da esprimere. Un uomo a disagio con la rabbia tenderà alla tristezza, nascondendo la rabbia sotto le lacrime. Un uomo a disagio con la tristezza tenderà alla rabbia, nascondendo la tristezza dietro i pugni. Un’emozione sarà il cuore, l’altra la superficie.

 

Per buona parte della mia vita, sono stato un Uomo Triste.

 

Correzione: Un Uomo Depresso. Ero solito usare queste parole in modo interscambiabile. Non lo faccio più. In questi giorni, sto diventando Amico Della Tristezza. In questi giorni guardo al mondo intorno a me, alle foglie sugli alberi mentre mutano dal verde all’oro e poi cadono, e sospiro, pensando, “Il mondo ha un senso… Parzialmente triste. E questo è bello. Naturale. Necessario”.

 

La depressione mi faceva pensare, “Non c’è alcun senso. Perché alzarmi dal letto?

 

Ho passato buona parte della mia vita a letto. (È stato strano). Pensavo a me stesso come “triste”. “Depresso”. Non pensavo a me stesso come “arrabbiato”.

 

Ti ucciderò”.

 

Questa è una dichiarazione rabbiosa. Se qualcuno me lo dicesse saprei che a) quel qualcuno è arrabbiato e che b) sono nei guai.

 

Mi ucciderò”.

 

Un’altra dichiarazione rabbiosa? O no? (In ogni caso, sono nei guai).

 

In passato, quando pensavo o dicevo, “Mi ucciderò”, il messaggio sottinteso era “Sono triste. Non riesco ad andare avanti.”  Il messaggio sottinteso non era “Sono arrabbiato. Con me stesso. Mi distruggerò”. Almeno non la pensavo cosi. Allora.

 

Adesso la penso diversamente.

 

Credo sia stato Freud ad ipotizzare che la depressione sia rabbia rivolta verso l’interno, verso il Sé. Non so se questo sia vero per tutti, ma credo, in quei giorni, sia stato/è stato vero per me.

 

“Gratta un uomo triste, troverai un uomo arrabbiato”.

 

Ho passato buona parte della mia vita F-ttutamente incazzato. Verso me stesso. Facendo il mio meglio per distruggermi. In svariati modi. Molti dei quali sono stati archiviati (vedi suicidio). Alcuni dei quali continuano (vedi consumazione di zuccheri). Ma resto F-ttutamente incazzato.

 

La differenza è che adesso la mia rabbia non è più rivolta verso l’interno. Verso me stesso. È diretta verso l’esterno. E credo sia salutare. Più salutare. La rabbia può tirarmi giù dal letto la mattina. La depressione mi manteneva fetale.

 

Ma essere un uomo arrabbiato ha le sue sfide. Per le persone (per alcune persone) sembra sia un problema. Specialmente per le persone abituate a vedermi come un Uomo Triste. Per chi potrebbe persino preferirmi triste.

 

Perché sei arrabbiato?” mi chiedono. “Com’è che tu non lo sei?” rispondo. Il mondo è esasperante. Contraddittorio. Spesso letale. Gli affronti avvengono tutti i giorni. Mi sembra che la rabbia sia una risposta naturale a tutto ciò. Ma, come la tristezza, la rabbia Non Va Bene (nella mia esperienza). È una emozione “negativa”. “Primitiva”. Non accettata tra persone educate. La rabbia presuppone Violenza e Abuso. Ferisci persone che a loro volta feriranno altre persone. E cosi via.

 

Posso capire perché la si pensa così.

 

Ma è davvero la rabbia il problema? O è il modo in cui la rabbia viene espressa? La prova di ciò la vediamo…ovunque.

 

Quando la rabbia mi ribolle dentro, mi suscita disagio ma niente di innaturale. In realtà mi sembra così naturale – e inarrestabile – quanto arrossire. La questione è come gestirla quando arriva.

 

Un altro concetto che ho incontrato nel mio lavoro con gli uomini (n.d.T. Il Mankind project) è quello della Rabbia Salutare. Della rabbia espressa in modi salutari. La rabbia salutare è corretta (non ipocrita). Come una spada, fa un taglio netto. E pulito. Diretta verso l’esterno, incanalata in modo appropriato, articolata in modo razionale, la Rabbia Salutare è (o può essere) uno degli strumenti emotivi più potenti a nostra disposizione.

 

Ma cos’è la rabbia? Perché si presenta innanzitutto? Una scuola di pensiero che sto attualmente esplorando suggerisce che la rabbia è l’emozione che scaturisce quando i nostri confini hanno bisogno di essere difesi.* È nostra amica. Un’alleata. Quando qualcuno Fa Qualche c-zzata e ci tratta in modo irrispettoso, la rabbia ci dà il coraggio/la forza/l’ardore di difenderci. Di dire, “No. Basta. Smettila”.

 

Sarebbe interessante considerare la nostra Non Accettazione della rabbia, la nostra paura della rabbia dovuta a motivi culturali (?), in questo contesto. Il mondo (o le forze che agiscono in esso) Fa Qualche cazzata, ci tratta in modo irrispettoso, e allo stesso tempo ci viene detto che la Rabbia Non Serve A Niente. Ci viene detto di Calmarci e Di Fare La Cosa Giusta. Di Porgere l’Altra Guancia. Di Perdonare e Dimenticare. Questo va a vantaggio del mondo, non è vero? Il fatto che qualcuno di noi Resti Calmo quando i confini vengono superati. Il ripiegare la nostra rabbia verso noi stessi.

 

Sarebbe interessante anche dare uno sguardo alle storie verso le quali siamo attratti continuamente. Soprattutto nei film e in TV. Ai personaggi immaginari che troviamo attraenti, per i quali vale la pena tifare. Molti sono Inc-zzati. Non Mantengono la Calma. Non Fanno la Cosa Giusta. Per niente. Dovrei saperne qualcosa. Ne ho interpretati alcuni. “Michael Scofield” senza la sua rabbia (Salutare o meno) sarebbe un uomo che piange il fratello appena giustiziato. Questo è un po’ meno interessante. Un po’ meno guardabile. Immagino che più di uno di voi, tra quelli che state leggendo adesso, è stato inizialmente attratto da questa pagina perché gli piacciono i personaggi che non Perdonano e non Dimenticano (vedi: “vivere indirettamente tramite le esperienze altrui”).

 

Come la maggior parte delle persone, ho sperimentato di avere i miei confini oltrepassati sia intenzionalmente che non intenzionalmente. Come un minor (?) numero di persone, ho sperimentato di avere i miei confini oltrepassati intenzionalmente e l’intenzione era quella di ferire.

 

Quando i miei confini sono attraversati (intenzionalmente o meno), provo (almeno) due tipi di turbamento. Il primo è legato a ciò che è successo. Al fatto che è sconvolgente. Ciò che è successo. Il secondo turbamento arriva dopo, quando biasimo me stesso per aver “permesso” quello che è accaduto. “Perché gli ho permesso di dire/fare questo? Perché non mi sono difeso? Forse non vale la pena di difendermi…” Questo tipo di auto-conversazione (ciclica, punitiva) è, ovviamente, rabbia ripiegata verso me stesso. E ha alimentato la mia depressione.

 

Facciamo un po’ di conti. Diciamo che i miei confini siano stati oltrepassati una volta alla settimana, tutte le settimane, da quando esisto su questo pianeta. (Sembra poco ad essere sinceri). Questo significa che i miei confini sono stati oltrepassati circa 2400 volte. Per 2400 volte la rabbia (mia amica, mia alleata) è insorta per difendermi. Per 2400 volte ho schiacciato e messo a tacere la rabbia per…Oh, per un milione di ragioni. Diciamo che sono Stato Educato ad Essere Gentile. AKA condizionato, come molte persone, a Inghiottire M-rda. (O altro).

 

Si tratta di tantissima rabbia repressa. Bloccata, ripiegata verso me stesso. (“Mi ucciderò”). Infilata in una scatola e nascosta. Lontano dalla mia visuale.

 

Ma le scatole hanno perdite. La m-rda fuoriuscirà.

 

Al college il mio soprannome era “Stinky” (“Fetente”). Le persone (alcune persone) pensano che sia carino. Non lo è. Ho guadagnato quel soprannome. Ero depresso allora. Con tendenze suicide. E le cose che uscivano dalla mia bocca non erano carine. Erano scortesi. A volte crudeli. Quasi sempre a spese di qualcuno.  Di solito mascherate da “umorismo”.  Con ciò intendo sarcasmo.

 

Il sarcasmo, secondo il mio parere, è rabbia che esce fuori di sbieco. È una copertura per esprimere la tua verità. (O “verità”). È sleale. È l’opposto della rabbia che taglia di netto. Quando hai paura di dire quello che pensi – e siamo onesti, il mondo può essere un posto pericoloso per (alcune) persone per dire quello che pensano – trovi altri modi per far passare il messaggio.

 

Ecco come funziona il sarcasmo (per me): faccio una battuta, a tue spese, e brucia perché’ sotto l’apparenza, ti sto dicendo cosa veramente penso di te. (Non è lusinghiero). Tu sussulti. Beccato! Dico “Dai!” copro con “Stavo scherzando!” Tu dici tipo “Non è divertente”. Io dico, “Cosa c’è che non va? Non posso fare uno scherzo?” Beccato. Di nuovo. (Ho vinto). Il sarcasmo è ostile. Divertente (per me) ma non contribuirà a creare quegli spazi che qualcuno potrebbe definire “sicuri”.

 

Non sono molto per il sarcasmo di questi tempi, verso me stesso o verso le persone a me più vicine. Se lo faccio (e lo faccio), è solitamente a mie spese. Se mi sorprendo a fare commenti irriverenti sugli altri, penso, “Sono arrabbiato. Sta uscendo fuori di sbieco. Ho bisogno di re-direzionarla. O ferirò qualcuno”.

 

A proposito… Meritatamente o meno, gli uomini gay hanno la reputazione di essere sarcastici. Siamo “famosi” per il nostro umorismo pungente. Quando frequentavo siti di incontri online, leggevo profili su profili nei quali uomini gay pubblicizzavano un senso dell’umorismo sarcastico. Come se fosse una cosa positiva. Una qualità che potrebbe attrarre. Tra (quelle che sono sicuro siano) notizie non correlate, il tasso di suicidio tra gli uomini gay rimane alto.

 

La rabbia. Che fuoriesce. E/o si ripiega verso sé stessi. (“Mi ucciderò”).

 

Se la Rabbia Salutare è, in effetti, uno degli strumenti emotivi più potenti a nostra disposizione, fino ai 40 anni, non ho speso molto tempo nel praticarla.

Il che lo rendeva pericoloso. Quando l’avevo tra le mani. Molto pericoloso. All’epoca, la mia rabbia, quando veniva sbrigliata (o quando sfuggiva), era selvaggia. Ribelle. Più una Bomba Atomica che un Missile Intelligente. Che annientava/feriva il mio bersaglio più chiunque altro nel raggio di 10-miglia. Me stesso incluso.

 

Con la pratica sto affinando le mie abilità. A volte può sembrare (intenzionalmente) primitiva.

 

Ho condiviso su questa pagina, il fatto di aver lavorato per lunghe ore su un set stressante, di aver chiesto alla produzione di sistemare un manichino per la boxe in un angolo del set. Ho comprato una mazza di alluminio per pochi dollari e, quando mi sentivo giù (heh), Riempi di Botte il manichino. Un’occasione per uno sfogo estremamente potente, estremamente necessario. La gente ridacchiava ma io sapevo di essere sulla pista giusta. Più tempo in quell’angolo significava una mente più chiara, una migliore comunicazione coi colleghi, meno commenti pessimi (da parte mia). E una notte di miglior riposo. Storia vera.

 

Questo risaliva a quando stavo appena facendo la conoscenza con la mia rabbia. Lavorando, quando scaturiva, per trovare canali di espressione appropriati. A quel tempo, era (più) saggio dirigere la mia rabbia lontano dalla persona/situazione che mi faceva arrabbiare. Verso un bersaglio intenzionale e sicuro (come il manichino).

 

Attualmente, mentre continuo a praticarla, mi ritrovo più capace a dirigere la mia rabbia direttamente verso quella persona/situazione. Sul momento. Mentre si svolgono i fatti. E persino la mantengo “civilizzata” (relativamente).

 

L’ultima volta che l’ho F-ttutamente Persa, ho deciso di F-ttutamente Perderla. Qualcuno ha oltrepassato un confine e mi sono arrabbiato. Ho permesso a me stesso di arrabbiarmi. Ho detto cose come “Sono arrabbiato”. Ho fatto cadere la f-ttuta bomba. Ho parlato vigorosamente, appassionatamente, mentre lavoravo per proteggere il bersaglio della mia rabbia. Non l’ho reso personale. Non ho mai detto “Tu”. Solo “Io/Mi”.

 

“Non mi sento ascoltato”.

 

“Non penso che stia funzionando”.

 

“I miei desideri non vengono rispettati”.

 

Quando fu tutto finito, lo ammetto, ero orgoglioso di me stesso. Non avevo ingoiato str-nzate. Per poi soffocare e tirarle fuori alle 2 del mattino. Mi sono espresso in un modo che mi è sembrato sentito, chiaro e sì, giusto. E ho interrotto quella relazione. Quella persona non è più nella mia vita. Sai? Era ora. Stavo mantenendo aperto uno spazio eccessivamente generoso e paziente. E ne ha approfittato. “Grazie per i tuoi doni (alcuni dei quali oscuri). Arrivederci”.

 

“Mi ucciderò”. No. Assolutamente no.

 

“Ti ucciderò” Anche questo non è necessario.

 

Ma, mentre il mondo rimane esasperante/contraddittorio/letale, continuerò a elaborare la mia rabbia. Mantenendo uno spazio per essa. Incanalandola. Ho bisogno di strumenti nella mia cintura porta-attrezzi emotiva. Di tutti. Di tutti quelli a mia disposizione. Così, quando i confini verranno oltrepassati, non sarò semplicemente educato.

 

Alcune persone, sono sicuro, continueranno a raccomandare di Mantenere La Calma. Di Porgere l’Altra Guancia. A prescindere. Lo rispetto. È una scelta.

 

Sarei curioso di vedere queste persone quando i loro figli saranno in pericolo. Quando il mondo rivolgerà il suo sguardo predatorio sui loro piccoli. Così piccoli che non possono nemmeno autodefinirsi un “confine” men che mai difenderlo. Quando il mondo schioccherà i denti e si leccherà le labbra e procederà verso la sua preda, sì, sarei curioso di vedere quanto rimane del Mantenere la Calma e del Porgi l’Altra Guancia.

 

Se sei una di quelle persone che vedono un valore nell’avere la rabbia a loro disposizione, ma solo per proteggere i propri cari, le persone a te più vicine, ti pongo la stessa domanda che io (continuo) a pormi:” Non sei tu tra le persone a te più vicine e più care? Non vale la pena lottare anche per te? I tuoi confini non meritano di essere difesi? Con fervore?”

 

Come ho già detto, è una scelta. Tutti noi saremo chiamati a farla.

 

Io sarò qui. A metterla in pratica.

* https://www.youtube.com/watch?v=1sKOUgE6sFQ

 Quanto sopra non è “la verità”. È la mia verità. O meglio, la mia verità del momento. Dalla quale mi riservo lo spazio/il permesso di evolvermi in ogni momento.