Drive-thru

Drive-ThruMcDonald’s
Williams, California
December 23, 2013
8:32 AM (approx.)

Mi fermo nel drive-thru (McDrive – servizio di consegna direttamente in auto di Mc.Donald’s), è vuoto ad eccezione di un’enorme Surburban (auto familiare tipo pick Up) bianca prima di me, che si avvicina alla cabina come uno yatch che ormeggia. Quando il finestrino viene tirato giù, riesco a vedere l’autista nel suo specchietto laterale. Maschio, pelato, di circa 30 anni.


L’interfono gracchia nel momento in cui il dipendente della McDonald dice qualunque cosa sia stata ordinata in cima alla lista degli ordini. Visto il periodo, probabilmente qualcosa a tema Natalizio. Ad alto livello di zucchero.


Il mio finestrino è tirato su, così che non posso sentire il loro scambio di battute, ma posso vedere le labbra dell’uomo muoversi, i suoi occhi scrutare il menu. Si gira dall’altra parte della cabina, rivolgendosi a qualcuno all’interno della Suburban, chiedendo cosa desiderano per colazione. Presumo.


E’ in quel momento noto quanta gente aveva con sé. Letteralmente una macchina carica di persone. Vedo una moltitudine di testoline. La maggior parte di esse piccole. Quest’uomo aveva 4 o 5 bambini lì dentro. Almeno. Più sua moglie. Tutti in attesa di una colazione. Nessuno di loro era mai stato al McDonald, da quel che pareva, perché l’uomo al volante gli stava leggendo l’intero stracazzo di menu. Ogni voce. Apparentemente.


L’interfono gracchia di nuovo e io dò uno sguardo al mio specchietto retrovisore, vedo due auto aspettare dietro di me, e la loro impazienza unirsi alla mia ad ogni secondo che passa

.
Guardo di nuovo verso il padre della Suburban, esortandolo in silenzio a sbrigarsi. Cosa che lui non fa. Sta sorridendo, prendendo il suo tempo, assicurandosi di prendere ogni ordine in modo giusto.


Immagino la sua voce nella mia testa.


“Si.. posso prendere un Pancetta, uova e biscotti e formaggio? No aspetta – Lexie è allergica al formaggio. posso prendere una Pancetta, uova e biscotti senza formaggio? No aspetta – potete farmi un McMuffin? Posso prendere un McMuffin alla salsiccia con uova? Niente formaggio. Lexie non può mangiare il formaggio” (McCetera)


Tutto quello che io voglio è un caffé con due confezioni di panna affianco.


Sfortunatamente per me, Papà, mamma, Lexie, e i 36 fratelli e sorelle di Lexie hanno bisogno di molti più minuti per mettere in ordine le loro idee.


Sospiro e guardo alla mia sinistra, cercando di distrarmi con la vista fuori dal mio finestrino. Ma non c’è niente da vedere. Solo un piatto, asettico, enorme dispiegarsi all’infinito di una cupa visuale di grigio invernale, marrone e beige in questo profondo sud creato dal Congresso (se ci sono più di 5 cartelloni pubblicitari in fila,è gia tanto, credetemi).


Rivolgo di nuovo il mio sguardo sulla Suburban, soffermandomi sul padre (di nuovo), ancora fermo nel suo specchietto laterale. Si sta accarezzando il mento, guardando il menu (di nuovo). Considerando le sue opzioni. Non credevo esistesse gente che ancora si accarezzasse il mento.
Guardo nel mio specchietto retrovisore, vedo che ora ci sono 3 auto dietro di me. E sta per arrivare la quarta.


Alcuni scenari si presentano nella mia testa.


1° scenario: dò un colpo al clacson due volte. Beep Beep. Guardo gli occhi del padre incontrare i miei nello specchietto laterale. Le sue sopracciglia si aggrottano. Io sorrido. Alzo la spalla. Come per dire, “Potresti darti una mossa, per favore?


2° scenario: Colpisco violentemente il clacson. BLAP. Guardo gli occhi del padre incontrare i miei nello specchietto laterale. Le sue sopracciglia si aggrottano. Io alzo le mani. Alzo la spalla. Come,”Ops – non volevo colpire il clacson. Ma mentre ho la tua attenzione, potresti darti una mossa, per favore?”


3° scenario: Colpisco violentemente il clacson. E lo tengo. BLAAAAAAAAPPPPPPPP. Guardo gli occhi del padre incontrare i miei nello specchietto laterale. Le sue sopracciglia si aggrottano. Lo fisso. Come, “Si, mi hai sentito” Lui butta fuori la testa dal finestrino, guarda indietro verso di me. “Problemi?” Forse apre lo sportello, uscendo e camminando verso la mia auto, vuole vedere qual è il mio problema faccia a faccia.
(Questo scenario potrebbe finire in violenza. In una scazzottata. Un McFlurry di pugni.)


4° scenario: qualcuno dietro di me colpisce il SUO clacson. Beep Beep. Guardo gli occhi del padre incontrare i miei nello specchietto laterale. Le sue sopracciglia si aggrottano. Alzo le mani. Alzo la spalla. Come, “Hey – non sono stato io, amico. Ma mentre ho la tua attenzione..”


Le mie dita tamburellano al volante.


Poi, alla fine, lui ha finito. Miracolo dei miracoli. Sfreccio dietro alla Suburban il secondo in cui si muove in avanti, colonizzando lo spazio che aveva recentemente occupato. Se fosse stato un posto a sedere, sarebbe stato ancora caldo. Ora è mio. Tutto mio. Tiro giù il finestrino. Sono senza fiato per l’impazienza. Pronto ad ordinare.


“Ciao e benvenuto da McDonald! Vorresti provare il nostro nuovo-..”
“Posso avere un caffé nero grande con due confezioni di panna accanto?”
“Basta così?”
“Si. Grazie.”
“Il totale è F-..”

Guido allontanandomi dalla cabina e vado verso il primo sportello, quella dove paghi. O almeno ci provo. Ma il Suburban è ancora lì. Oziando. Ovviamente. Non posso dire se Papà ha pagato e aspetta il resto o se sta ancora frugando in giro per cercare le monete esatte.


Tiro su i miei occhi stanchi sul tetto del veicolo, individuando un tettuccio portapacchi. Nero. Adattabile. Mi chiedo cosa ci sia all’interno. Parti di cadaveri probabilmente. O regali di Natale. Parti di cadaveri incartati come regali di Natale.Sono probabilmente sulla loro strada verso casa di Nonna. O un cottage (data la stagione).


Vedo movimento con la coda dell’occhio, beccando un dipendente della MCDonald ridare a papà la sua carta di credito e la ricevuta. Papà dice qualcosa in risposta (grazie?). Sorride. Questo tipo è tutto un cazzo di sorriso. Tipico idiota. Apparentemente.


Papà dice qualcos’altro al dipendente (Buon Natale?). Poi invece di guidare in avanti e continuare a muoversi, invece di mostrare un minimo di sensibilità e/o rispetto per il fatto che lui/loro non sono soli in questo drive-thru e/o al mondo, Papà resta dov’è. Lo vedo guardare verso al suo grembo, agitarsi per qualcosa. La sua carta di credito forse. La sta rimettendo nel portafogli. DOPO lui andrà avanti.


Per l’amor del cielo.
 (lui in realtà dice “porco cazzo”)

Qualcuno dei bambini ha dovuto dire qualcosa di divertente perché ora papà ride, forte, con la testa indietro. Vedo le gengive nello specchietto laterale, una piccola ugola nera attorniata da piccoli denti bianchi.


Il primo scenario mi torna di nuovo in mente, quello in cui colpisco il clacson due volte. Beep Beep. Guardo gli occhi del padre incontrare i miei nello specchietto laterale. Le sue sopracciglia si aggrottano. Io sorrido. Alzo la spalla. Come, “Potresti darti una mossa, per favore?” Papà mi guarda male ma và avanti, permettendomi di pagare il mio caffé al primo sportello. Un minuto dopo sono tornato al 5, allattando la mia tazza di Joe
à (slang per dire tazza di buon caffè)  e ascoltando della musica, il mio monologo interno riguardo: la famiglia nel Suburban bianco è stata rapidamente sostituita da pensieri riguardanti i fatti miei. E il pranzo. Ancora me.


Nel frattempo – ancora nel primo scenario – la Suburban è tornata per strada, ma ora l’umore di Papà è spento. Sta ancora pensando (covando) a quel coglione dietro di lui al McDonald, quello che ha suonato il clacson. Quello che ha voluto che lui/loro si sbrigassero, cazzo. Quel suonare lo sente come una cosa personale. Come un insulto. Papà pensa che forse avrebbe dovuto scendere dall’auto e andargli incontro, indagando su quale fosse il problema di quel tizio faccia a faccia. Già. Forse avrebbe dovuto. Papà sa come lasciar perdere ma non può, non è mai stato bravo a scollarsi le cose di dosso. Le sue dita tamburellano sul volante.


La moglie di papà è seduta accanto a lui, tesa, guardando di fronte a sé, con le spalle che le salgono all’altezza delle orecchie. C’è stato un cambiamento nel clima e lo sa. Ha sentito questo disco mille volte. Dà un’occhiata al marito, valutando la situazione, dito al vento, aspettando di vedere da che parte và. Ma lei potrebbe indovinarlo.


Lexie e i suoi 36 fratelli e sorelle sono seduti dietro di loro, placati ora. C’è stato un cambiamento nel clima e loro lo sanno. Mangiano in silenzio, cercando di non far sgranocchiare le Salsicce MCMuffin avvolte nell’uovo, troppo forte. Invano.


Uno di loro è a un’ora e 42 minuti dall’essere schiaffeggiato.
Potrebbe succedere prima. Potrebbe succedere dopo. Ma succederà.
Sono seduto nel drive-thru con il mio piede sul freno, guardando alla parte posteriore delle loro piccole teste nel Suburban di fronte a me, chiedendomi chi di loro sarà.
So per certo che se suono il clacson uno di loro sarà schiaffeggiato?
Non di certo.
Potrei essere davvero responsabile del risultato finale?
No. E’ assurdo.
Più o meno.


Se Lexie e i suoi 36 fratelli e sorelle stanno crescendo in un ambiente in cui servono gli schiaffi, gli schiaffi ci saranno, non importa quanto mangeranno in silenzio la loro colazione. Non importa quanti autisti si tratterranno dal suonare il clacson a loro padre, i palmi incontreranno le guance.
Garantito.


Ma non voglio essere un anello in questa catena.


Così le mie dita sono ancora sul volante e non lasceranno che quel clacson sia suonato. Aspetterò i 5 minuti extra per il mio caffé mattutino. Lascerò Papà – che ancora ride, comunque – tornare allo sportello del ritiro quando starà bene e sarà pronto.


Per me va bene così.


Quando lo fa lo seguo da dietro, muovendomi a meno di 5 all’ora. Quando mi fermo vicino allo sportello per il pagamento, freno così piano che posso a malapena dire di aver frenato. O che mi sono mai mosso.


Ho i miei scontrini e le mie monete esatte, pronte. $4.34. Allungo il mio pugno chiuso verso lo sportello appena il vetro si apre, rivelando un’adolescente con la coda di cavallo in una visiera di McDonald e giacca a vento sbiadita. Lei sorride come per scusarsi, facendo cenno alla Suburban di fronte a me. Scrolla le spalle. Dice, “Scusa per l’attesa. Quel tipo c’ha messo una vita, eh?”

Traduzione a cura di Kiara

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