Mailbag 8.1 (02/08/2018)

Mailbag originale: QUI.


Mailbag (8.1)

Traduzione a cura di Lucia Salvato

Avevo già pianificato un’altra Mailbag. Poi ho pensato – perché non attingere dalle risposte al mio post “Ricalibratura”?* Ci sono stati molti commenti pungenti. Che hanno dato origine a pensieri pungenti.

 

Come sempre, sono grato per questa discussione. E a chi sceglie di partecipare (ed è una scelta). Alla prossima. – W.M.

 

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Commento (C): È la tua pagina Facebook, non dovresti essere messo nelle condizioni di dover dire queste cose. Avrebbe dovuto essere automaticamente incluso nel senso comune di decenza. Le persone sanno essere problematiche quindi presumo che c’era da aspettarselo, ma mi rattrista ancora il fatto che tu debba tollerarlo.

 

Risposta (R): In realtà sono felice di avere la possibilità di impegnarmi in questo tipo di lavoro. Mi fa bene. Esercitarmi nel definire i confini sani. Nel ri-definirli quando richiesto. Non è qualcosa che ho fatto spesso, in passato.

 

Quando ho aperto questa pagina ho pensato:” Il mio lavoro sembra quello di mantenere uno spazio infinitamente generoso, infinitamente paziente, infinitamente tollerante…” E così feci. Al meglio delle mie abilità. Finche’ non è diventato (che sorpresa!) completamente insostenibile. Che cosa sono? Un santo? No. (Non che l’idea della santità non sia allettante. Va di moda. Ma sono troppo incasinato. Sono troppo “carnale”. E felice di esserlo).

 

Intanto, (alcune) persone si convinsero che Tutto Fosse Permesso. In questa pagina. E che io fossi tenero nel concederlo. Non ero tenero. Ero passivo. (Più su questo argomento tra breve).

 

Inoltre, a posteriori, inconsciamente, una parte di me stava cercando di essere furba. “Lo so… dirò che il mio lavoro sembra quello di mantenere uno spazio infinitamente generoso, paziente, tollerante così non DEVO delineare confini… Fingerò che essere totalmente senza confini sia una virtù…Sì…Proprio quello che ci vuole”. Ero io ad aspirare a qualcosa di santo, irrealistico (ma lusinghiero per l’ego), mentre cercavo di tirarmi indietro dal mio (vero) lavoro (delineare i miei confini). Subdolo da parte mia.

 

I confini, per me, sono dove sono. Dove bisogna che restino.

 

C: Wow, i fans…stai tranquillo che non visiteranno più il tuo profilo, mai. È inappropriato…? Perché’? Perché’ ti ritieni migliore di noi? Più importante? Siamo cafoni? È l’ammissione più pomposa che abbia sentito ultimamente. Nauseante.

 

R: Questa pagina è, chiaramente, pubblica. Chiunque può visitarla. E se e quando qualcuno lo fa, ciò non significa che io abbia improvvisamente il diritto di visitare i loro Album Fotografici. A prescindere dal fatto che sarei il benvenuto lì, è inappropriato. Secondo Me.

 

La maggior parte della gente in questa pagina capisce, in modo naturale e spontaneo, che mentre possono risuonare con me come persona, o per qualcosa che ho scritto, o per un ruolo che ho interpretato, non significa che abbiamo una Relazione Speciale. Che siamo Super Gemelli Attivati. Una minoranza non lo capisce questo. Io che visito la loro pagina (o permettergli di immaginare che potrei visitare la loro pagina) è una Pessima Idea. Fa generare in loro delle idee. Non bisogna incoraggiare questo.

 

Questo è lo stato delle cose.

 

P.S. Non sei stato bannato perché hai frainteso e/o sei in disaccordo con quello che ho scritto. Sei stato bannato perché il tuo commento era aggressivo e provocatorio.

 

C: tanto di quello che dici risuona con me, così come sono sicuro risuoni con molti altri.  E penso che qualche volta ci sia qualcosa di confortante nel sapere che ci sono altre persone lì fuori che la pensano similmente a noi sulle cose, specialmente quando ciò non succede nella nostra vita di tutti i giorni.

 

R: Sono d’accordo. C’è qualcosa di confortante nel vedere noi stessi (o parti di noi) riflesse negli altri. Nell’annuire in segno di approvazione. Nel sentire un richiamo (o due) dall’altra parte del canyon.

 

C: Solo un piccolo consiglio Tesoro, sii come Dominic Purcell, la sua reazione è un vaffanc-lo, non gliene frega un c-zzo di quello che la gente pensa, ecco perché lo ammiro tanto

 

R: Oh? A Dom non gliene frega un c-zzo di quello che la gente pensa? Dove lo hai letto? Sul suo IG? Dove lui condivide le sue cose? In pubblico? Dove le persone possono mettere il “mi piace”? È lì dove lo hai letto? “Tesoro”?

 

Devo ancora conoscere uno scrittore/interprete significativo, di successo, che ha un palcoscenico, un pubblico di qualche tipo, al quale non importi un c-zzo di quello che la gente pensa.

 

C: quando hai detto che “dolce” non spunterebbe tra i primi 20 della lista – ricordo che hai detto in un post precedente che pensavi di essere dolce tanto quanto infuriato come un coccodrillo e che ti piacevano i koala e cose del genere. E voglio dire anche quando la gente li intende come un abbraccio. Ti ricordi quando hai pubblicato quella preghiera? Scusa ma stai facendo lo scontroso? Non voglio attraversare i confini ma era la tua preghiera.

 

R: Mi viene chiesto, ripetutamente, come mi sono evoluto partendo dalla depressione. Ho un milione di risposte. In cima alla lista o quasi: mi sono dato il permesso di Fare Tutto a Pezzi. Specificamente le mie Idee su chi ero. O su chi dovevo essere. Mi sono dato il permesso di crescere, cambiare, evolvermi. Di fare un passo verso il nuovo. Di spostarmi a sinistra invece che (sempre) a destra. Di essere ciò che non ero ieri. Di dire arrivederci – e continuare a dire arrivederci – alle cose (cattive abitudini, discorsi negativi con e su me stesso, ecc…) che mi intralciavano la strada.

 

Anche alle persone. Mi sono dato il permesso di interrompere relazioni. Di interrompere vecchie routine. Di dissolvere taciti contratti. E ho incontrato resistenza. Incredibile quanto gli amici, i familiari, i colleghi di lavoro, gli estranei possano ostinarsi a volere che noi rimaniamo Esattamente Chi Eravamo. O piuttosto chi Loro Pensavano Che Noi Fossimo. O Chi Loro Necessitano Che Noi Siamo. Non importa quanto sia malsano o non fattibile.

 

Uno dei modi in cui lo fanno è cercando di mantenere attuale il passato (da essi selezionato). “Ricordi quando hai fatto___? E quando hai detto___?”. Queste persone non vogliono che pensiamo in modo nuovo. Che agiamo in modo nuovo. Che siamo nuovi. Ci vogliono vecchi. Come eravamo. Perché è più confortante e comodo. Per loro.

 

Ma visto che stiamo girando vecchi dischi, ho anche detto questo:

 

Sono stato educato a credere che non soddisfare le aspettative degli altri significa fallire. Se è vero, perché ha un sapore così simile alla libertà?”**

 

Dolce: “caratterizzato da gentile buonumore o gentilezza. [A] temperamento dolce.” ***

 

Ecco cosa è vero (per me): non sono sicuro di essere mai stato dolce. Ad essere onesti. Non sono sicuro che sapevo di cosa stessi parlando quando mi riferivo a me stesso in quel modo. Il mio “umore” appariva (e appare) più pungente. Più cupo. La mia “gentilezza” appariva (può ancora apparire) “cortesia”. Non sono la stessa cosa. ****

 

Al di fuori delle relazioni familiari e romantiche, qual è la nostra intenzione quando chiamiamo le persone “dolce” o “dolcezza”? Quando chiamiamo gli uomini gay “dolce” o “dolcezza”?

 

Dipende da chi lo dice, giusto? Da chi risponde.

 

Cosa significa quando un uomo gay arriva a pensare o impara a pensare a sé stesso come “dolce”? “Sono dolce”, pensavo, “Dolce = me”. Quello che penso, ora, è che ero accomodante. Conformato. Impostato sul risultare piacevole. Per essere apprezzato. Per integrarmi. Per evitare punizioni. Per mantenere privilegi. E lo abbiamo chiamato “dolce”. Io e gli altri. Perché suonava meglio. Qualcosa di più positivo. “Non sei dolce?” dicevano, sorridendo, mentre lasciavano cadere gli stivali incrostati di m-rda sul mio tavolino da caffe mentre guardavo in silenzio. “Mm-hm. Un vero tesoro”.

 

Ultimamente, non penso (automaticamente) a quella parola come a un complimento. O a me stesso in questi termini. Ultimamente, non sono propenso a permettere stivali sul mio tavolo. E quando mi guardo intorno, molte delle persone della mia vita che mi definivano dolce, che avevano investito su di me in quanto dolce… non sono più attorno a me.

 

“Dolce” e “dolcezza” sono, per me, adesso, parole sospette. Degne d’esame. Di uno sguardo critico. La società incoraggia gli uomini gay (e altri) ad essere dolci, secondo me, ad incarnare la dolcezza perché va a vantaggio della società. Aiuta a mantenerci al nostro posto. Esattamente Dove Eravamo.

 

Per concludere: Mi riservo il diritto di evolvermi. Di cambiare idea. Di Fare a Tutto a Pezzi. Di contraddirmi. Di confondere. Di deludere. Di disilludere la gente. Di fare casini che abbiano senso per me e solo per me. Di essere, pensare, dire, desiderare diversamente domani rispetto ad oggi. La mia salute, la mia sopravvivenza, dipende da questo.

 

Per quanto riguarda lo “scontroso” … Io che stabilisco confini e faccio il mio lavoro = io che stabilisco confini e faccio il mio lavoro. Se le persone scelgono di assegnargli valori (negativi o positivi) questo riguarda loro e il loro lavoro.

 

C: Hai un metodo valido per confermare che quella persona super-carina sia davvero una persona super-carina?

 

R: Ahimè… no. Mi è capitato uno o due volte…sto facendo il marpione online? (Un’altra ragione per non sbirciare dappertutto). Inoltre, penso che ci sia un valore nel lasciare che certe cose restino inafferrabili, che certe persone restino sconosciute e ignote (sia fisicamente che in altri termini). Non trovi che sia piacevole? In un modo dolceamaro? Aspirare a qualcosa? O a qualcuno? Sospirare? E incuriosirsi?

 

Penso che, specialmente da adulto, trovare cose per cui sospirare, di cui incuriosirsi, poi proteggerle (dalla verità, se necessario), sia molto importante.

 

Ricordo di aver sentito o letto una volta, “Quando trovi qualcosa di buono… lasciala stare”. Perché la tentazione è di coglierla. Di smontarla e di arrivare al fondo di essa. Per scoprire cos’è che la rende una buona cosa. E ciò che scopriamo è che non c’è niente lì. Sul fondo. Era solo una cosa buona. E adesso l’abbiamo smontata.

 

C: come possono le persone relazionarsi con l’avere come un modello di riferimento un qualcuno che nemmeno conoscono?

 

R: [Chi ha formulato il commento si stava riferendo a una celebrità di cui si è parlato recentemente sui notiziari, che sta passando un momento difficile (presumibilmente).]

 

Penso che tu abbia ragione. Penso che sia rischioso conferire lo status di “modello di riferimento” a persone che non conosciamo. (E a volte anche a quelli che conosciamo). Inevitabilmente (e occasionalmente per la nostra cupa soddisfazione) si rivelano essere qualcosa di più, di meno, di differente da quello che pensavamo.

 

La “cultura della celebrità” è costruita sulle fondamenta più traballanti. Secondo me. E cercare modelli di comportamento (“Questa persona è un modello di integrità, di decenza. Di qualunque cosa per tutti noi”) tra le persone nelle arti dello spettacolo mi sembra un contro senso. Essi esplorano gli angoli più oscuri, più selvaggi, e coperti da tabù dell’esperienza umana. Sono fuorilegge. Truffatori. Mutaforma. (Lo intendo come complimento). Fingono di sc-pare e di uccidere le persone davanti alla cinepresa, cantano… qualunque scemenza i bambini stiano cantando. Poi camminano su un tappeto rosso agli Eventi Importanti, dicono la Cosa Giusta, manifestano una virtù e viene recepita come La Verità. L’Unica Verità. “Devono essere proprio virtuosi”. Potrebbero esserlo. Ma loro sono anche altre cose. Come te e me. Tuttavia, siamo scioccati (scioccati!) quando queste altre cose vengono a galla.

 

In virtù del fatto che sono un attore, e gay, con un pubblico, sono considerato di fatto un modello di comportamento da e per alcuni. E ho sentito il Peso Delle Aspettative. Dentro di me (“Adesso devo dire questo, andare lì, fare quello”) e Fuori di me  (“Tu parli per noi adesso”). No, grazie. Do valore alla mia voce. Al mio spazio di manovra. Alla mia indipendenza (pur partecipando alla comunità). Se modello qualcosa per qualcuno, da qualche parte, è una scelta che loro hanno fatto.

 

C: Sono sempre in connessione con quello che dici e personalmente lo trovo stimolante. Detto questo i confini sono importanti e non siamo amici.  Non saremo mai amici perché io non conto nel tuo mondo. Sono solo qui ad osservarlo e a crescere come persona.

 

R: No. Non saremo mai amici (niente di personale). Ma io non direi che “Tu non conti nel mio mondo”. Questa pagina è il mio mondo. Una parte di esso comunque. Quello che succede qui mi interessa. Perché in questo breve istante stiamo condividendo questo spazio, stiamo respirando la stessa aria (virtuale), stiamo facendo il nostro lavoro fianco a fianco. È intimo. È tutto. È niente. Contemporaneamente.

 

C: Ho riletto questo e sono giunto alla conclusione che hai insultato i tuoi fan. A quanto pare molti non si preoccupano di notare o di riconoscere questo fatto ma questo è ciò che i fan fanno e non sono deluso da loro (credo che qualcuno qui si sia appena scusato con te per averti chiamato “il mio amore”). Ma sono noto per dire ciò che penso e sono deluso.

 

R: “qualcuno qui si è appena scusato per averti chiamato “il mio amore”.

 

Non sono il suo amore. E questa persona non è il mio. Questo mi sembra una rettifica necessaria.

 

Le scuse non sono necessarie. Non si tratta di collezionare “mi dispiace”. O di persone che ripercorrono ogni commento che hanno mai fatto. Si tratta di un uomo adulto al quale non gli va bene che estranei (alcuni abbastanza giovani, sembra) si riferiscono a me in modi che non ritengo appropriati. Da anni.

 

È abbastanza comune sentire “i fan” riferito come se essi fossero una singola entità, uniti nella mente, nelle maniere, nelle intenzioni. Non lo sono. Secondo me, una larga percentuale di persone su questa pagina, infatti, non si definirebbe “fan”. Sono arrivati per altre ragioni. Sono rimasti per altre ragioni.

 

Io penso che la vera sfida per (alcuni) dei “fan” sia la scoperta di confini nei quali nessuno era stato finora. O sembrava essere. E che più io condivido me stesso in questa pagina, più difficile è confondermi con qualcuno (“il mio amore”) che non esiste.

 

C: Un giorno non troppo lontano tu incontrerai qualcuno, ti innamorerai e tutto cambierà. Quando succederà ti dimenticherai di questo sito.

 

R: Leggendo questo commento (dalle buone intenzioni), l’immagine che ho è di me che mi faccio strada giù per una parete rocciosa, senza casco o imbracatura, all’indietro, camminando sui talloni, mentre qualcuno mi urla dal basso: “Ehi! Un giorno vincerai la lotteria!”

 

Grazie? Immagino?

 

Chi dice che spero che “tutto cambierà?” Che non ritengo che tutto sia Perfettamente Imperfetto nel modo in cui è? (Senza aggiungere altre persone e il loro inevitabile bagaglio, nel pacchetto?) Chi dice che io voglia innamorarmi (di nuovo)? Che sia sulla mia lista delle cose da fare? Che io penso che sia essenziale per la mia, per la nostra generale felicità e soddisfazione? Per una Vita Che Valga La Pena Di Essere Vissuta? Chi, oltretutto, dice che io non sia già innamorato? Che non sia follemente innamorato? Di cose di varia natura?

 

Qualunque cosa accada, non dimenticherò questo sito tanto presto. Ho trovato crescita qui. Molto oro. Questa pagina, le cose che ho scritto e condiviso, letto e percepito, dalle quali ho imparato, è alla pari di qualsiasi cosa io abbia realizzato nel mio campo. E non è stato realizzato da solo.

 

Questo non deve essere necessariamente vero per l’altra persona per essere vero per me.

 

C: Quindi da parte di quei seguaci o fan che sono o troppo timidi o non abbastanza eloquenti, solo un f-ttuto grazie.

 

R: Prego. Un f-ttuto grazie anche a te.


* https://www.facebook.com/notes/wentworth-miller/recalibration/2128302180716046/

 

** https://www.facebook.com/notes/wentworth-miller/ducks-back-back-up/1821405584739042/

 

*** https://www.merriam-webster.com/dictionary/sweet

 

**** https://jacquesaltsman.com/im-done-being-nice/

 

Quanto sopra non è “la verità”. È la mia verità. La mia verità del momento. Dalla quale mi riservo spazio e permesso di evolvermi ad ogni momento.