Wentworth:”sono autistico e lo sono sempre stato. Questo è essenziale per definire chi sono”

Articolo a cura di Miria – Traduzione a cura di Kiara

Ci perdonerete l’assenza di questi mesi, ma siamo giustificate dal fatto che Wentworth non è stato molto attivo; non ha cavalcato, come altri, l’onda dei lockdown di questa terribile pandemia per pubblicare e condividere pensieri con noi. Abbiamo atteso e rispettato i suoi lunghi silenzi, spezzati solo da qualche “storia”.

Ma quando Lui torna sui social, signori miei, lo fa con il I CAME BACK maiuscolo. Facendo un gran frastuono. E’ il suono di una spada sguainata. In stile “Warrior”, e come piace a noi. 😉

Il 25 luglio Went annuncia su Instagram di aver ricevuto, un anno fa, una diagnosi di autismo

Milioni di studi affermano e confermano che diagnosi del genere sono all’ordine del giorno, soprattutto ai nostri tempi e che sempre più di frequente vengono riscontrate in età adulta. In passato era raro che si identificasse o riconoscesse un’ossessione compulsiva, una dislessia, un deficit di attenzione e iperattività, un atteggiamento asociale e si diagnosticasse sotto una forma di autismo; oggi anche in età adulta è possibile riscontrare l’origine di alcuni atteggiamenti. In passato è anche vero che le pubblicità descrivevano le condizioni psichiatriche dell’infanzia e i bambini con queste condizioni come degli emarginati anormali dalla società.
Ma niente di più errato se si comprende il concetto di aspetto neurologico atipico. “La neurodiversità  si spiega come una normale variazione naturale del cervello umano, una forma alternativa della biologia umana, ovvero gli individui diagnosticati autistici rappresentano una normale variazione neurologica al pari di razza, genere o sessualità. Il paradigma della neurodiversità sostiene che la condizione autistica non è una condizione da curare, quanto piuttosto una specificità umana o una differenza nei modi di socializzare, comunicare e percepire, che non sono affatto necessariamente svantaggiosi” (Jaarsma e Wellin, 2012).

Per saperne di più: https://www.stateofmind.it/2018/12/neurodiversita-definizione-dibattito/

Ad esempio, negli ultimi 15 anni, il dibattito sulla neurodiversità si è esteso fino a comprendere un gruppo di condizioni cognitive come la dislessia, la discalculia (nda: io ne sono affetta), la disprassia, e la sindrome di Tourette. Diverse forme di autismo socialmente “accettate”. Nomi di spicco come Jim, Carrey, Anthony Hopkins, Steve Jobs, Dan Aykroyd, Einstein, Mozart e Shakespeare (e la lista degli artisti, scrittori, intellettuali ecc. è infinita) sono dichiaratamente diagnosticati autistici (Asperger, deficit di attenzione, dislessia…) o meglio, le loro valutazioni vengono inserite nello spettro delle variazioni neurali.

Wentworth Miller, a fine luglio di quest’anno, sceglie di condividere con i suoi fan, e non solo, la notizia di aver ricevuto una diagnosi di autismo, un anno fa. Lo ha fatto su Instagram, come i suoi follower sono abituati a ricevere una notizia da lui, tramite un post di una foto bianca.

Insights: Autism Speaks ha definito il disturbo dello spettro autistico (ASD) – che inizia a manifestarsi intorno ai 2-3 anni di età – come «un’ampia gamma di condizioni caratterizzate da sfide con abilità sociali, comportamenti ripetitivi, linguaggio e comunicazione non verbale». Ma Went in questo suo post/annuncio ha più volte rimarcato di non aver voglia di diventare un ambasciatore della comunità, asserendo di non aver abbastanza cognizione di causa per parlare di un argomento a lui ancora sconosciuto.

LA TRADUZIONE.

Come tutti, la vita in quarantena mi ha portato via delle cose.
Ma nel silenzio/isolamento, ho trovato un regalo inaspettato.
Questo autunno sarà 1 anno da quando ho ricevuto la mia diagnosi informale di autismo. Preceduta da un’auto-diagnosi. Seguita da una diagnosi ufficiale.
E’ stato un lungo e imperfetto processo in cerca di aggiornamenti. Per quel che mi riguarda. Sono un uomo di mezza età, non un bambino di 5 anni. 
E (ed è un “anche/e”) riconosco che ricevere una diagnosi è un privilegio che non tutti riescono ad avere.
Diciamo che è stato uno shock. Ma non una sorpresa.
C’è una narrativa culturale ora famigliare (a cui ho partecipato) che va tipo “Un noto personaggio condivide A, B e C pubblicamente, dedica una piattaforma a D, E ed F.”
Buon per loro. Sul serio.
E (ed è un “anche/e”) non è necessariamente quello che sta per accadere qui. Non ne so abbastanza di autismo. (C’è un sacco da sapere.) Ora il mio lavoro sembra che sia sviluppare la mia conoscenza. Riesaminando 5 decadi di vita vissuta attraverso una nuova prospettiva. 

Per questo ci vorrà del tempo. 
Nel frattempo, non voglio correre il rischio di diventare improvvisamente una voce rumorosa e ben informata sulla malattia in questo posto. La comunità #autistica (per quel che io sappia) è stata sempre sovrastata da chiacchiericcio. Si è parlato a suo nome. Non vorrei procurarle altri danni. Sto solo alzando la mano, dicendo “Sono qui. E lo sono sempre stato (senza saperlo).”
Se qualcuno fosse interessato ad addentrarsi meglio nell’ #autismo #neurodiversità , vi indicherò alcuni dei numerosi individui che condividono contenuti meditati + di ispirazione su Instagram, TikTok… Esaminando la terminologia. Aggiungendo sfumature. Combattendo i pregiudizi.
Questi creatori (alcuni abbastanza giovani) parlano dei problemi più rilevanti con molta più cognizione di causa/correttamente di come potrei fare io. (Sono stati studenti anche loro come me).
Questo è quello che sono propenso a condividere al momento. 
Oh – questo non è qualcosa che vorrei cambiare. No. Capisco – e ho capito – immediatamente che l’essere autistico è essenziale per definire chi sono. Per tutto quello che ho raggiunto/espresso. 
Oh – vorrei anche dire alla tanta (tanta) gente che consciamente o inconsciamente mi ha dato un po’ di garbo + spazio extra negli anni, che mi ha permesso di muovermi nel mondo in un modo che ha avuto un senso per me anche se ha avuto/non ha avuto senso per loro… grazie. 
E per quelli che hanno fatto una scelta diversa… beh. La gente si rivela sempre per quello che è.
Un altro dono.
W.M.

Arrivano le risposte dal Web. E Went le accoglie.

E i riscontri da Instagram non tardano ad arrivare. C’è chi rimane sconvolto, c’è chi storce il naso, c’è chi fa spallucce non approfondendo il dibattito, chi comprende perchè ha vissuto o sta vivendo la stessa storia, chi racconta la propria esperienza, chi supporta con amore e chi ribadisce il suo enorme affetto per l’attore. Noi non siamo rimaste sconvolte… non era insolito che Went nei confronti del “pubblico” avesse spesso un atteggiamento di particolare attenzione ai dettagli, quasi compulsivo, anche nelle piccole cose che ci dedicava. Nella vita reale non conosciamo i suoi vizi e le sue abitudini ma chiunque di noi avesse letto uno dei suoi racconti, una delle sue mailbag o selfcare, poi pubblicati sul social (Vedi la voce Wentworth Miller autore) aveva già avuto il piacere di fare un viaggio tra le sue manie, constatando un distintivo atteggiamento nei confronti di numeri, catalogazioni, ordine mentale, ripetitiva meccanica fissazione per i temi a lui più cari e una meticolosa attenzione per la scelta e la cura delle parole. Una passione immensa per la comunicazione. Per la scrittura. Una mente brillante, perspicace, acuta. A volte un’ossessione compulsiva che tendeva a farci credere che si fissava eccessivamente su certe cose, “quasi come un bot” dicevamo scherzando (vedi i post bianchi e la continua rimozione di essi). Ci abbiamo fatto dell’ironia (chi ricorda quando nel racconto drive-thru scrisse che le vaschette di panna per il caffè erano 4 ma nella versione corretta e ripubblicata, sempre da lui, le vaschette di panna diventarono 2? Alcuni di noi se lo stanno ancora chiedendo). Inviterei, a tal proposito, ognuno di voi a rileggersi le prime 7 note della nostra sezione Autore); e… humor a parte, la diagnosi è arrivata sul serio, e questo ha sconvolto forse il popolo del Web meno attento. Ci lascia impressionati e disorientati la purezza della sua dichiarazione, la sua schietta sincerità, ma no ne siamo del tutto veramente sorpresi. 😉

Wentworth risponde:


Traduzione a cura di Miria

Sono impressionato dal calore + benvenuto in questa pagina… e dalla notevole energia guerriera. Mescolata alla sensibilità. (Splendida combinazione.)

Grazie. Orgoglioso di essere parte di esso/noi/questo.

WM

PS Se qualcuno si sentisse ispirato a condividere link/fonti + voci che approfondiscono l’autismo, la neurodiversità ecc., per favore, lo faccia. Sono sicuro che molti (incluso me stesso) ne trarrebbero beneficio.

Ma Wentworth ribadisce e ricorda:”ragazzi, il social network non è uno spazio sicuro. Non lo sono nemmeno io”.

E a pochi giorni dai ringraziamenti arrivano anche alcuni commenti spiacevoli riguardanti l’affermazione di Went sui social. Come fu per il suo coming out, all’epoca in cui Went sostenne infiniti post e link in supporto alla comunità LGBTQ, oltre ai messaggi d’affetto, anche gli sciacalli che vivono di carcasse, non si tirano indietro da esprimere la loro opinione.

Went ricorda a se stesso che in adolescenza gli fu inculcato a credere che Rafforzare il mio potere, sembra come privare te dell’autorità“. Una lezione sbagliata, che fu deleteria e pericolosa. Un modo subdolo e sottile per affermare che la tua forza indebolisce gli altri, e la realtà dei fatti è che nessuno indebolisce nessuno mentre io realizzo me stesso. Nessuno dovrebbe mai sentirsi minacciato perché un altro realizza la sua forza e il suo potere per se stesso (nda: la mia opinione) Non si comprende perché alcuni soggetti si sentano minacciati da chi esprime se stesso in libertà. Da chi si autodefinisce un individuo libero di accettarsi com’è. Forse la potenza e l’energia dell’onestà svilisce chi li attributi per ammettere ciò che è, non li ha. Forse perché la società li ha educati così.

“Fate attenzione là fuori, ragazzi. E anche qui. Questo non è uno spazio sicuro” Riscrive Went per l’ennesima volta, sotto un suo post, dopo aver letto i dibattiti sul social network. Si riferisce ai ragazzini (kids), i giovani adolescenti, quelli più bullizzati on line, quelli più influenzabili e più fragili psicologicamente parlando. Coloro che ancora non hanno realizzato di avere una qualche forma di autismo.

Continua dicendo: “L’avevo già detto in precedenza – con i nuovi arrivati ​​(specialmente alla mia nevrosi) – e vale la pena ripeterlo. La stragrande maggioranza delle persone attratte da questa pagina è adorabile. Premurosa. Perspicace. Rispettosa. Poi c’è il piccolo (ma rumoroso) gruppo che descriverei – perdonate l’indelicatezza – come degli odiosi pezzi di merda. Nuovi arrivati, veterani: dovrete procedere con cautela, condividere con attenzione, bloccare strategicamente”.

Ma non finisce così. Ammette che nemmeno lui è una persona sicura per noi. Le nostre confessioni, proiezioni, sensazioni vengono condivise continuamente e hanno un valore personale. A volte anche nella sua testa non è sicuro e scherza “La mia pagina di scribd lo testimonia ;)”. Riferendosi al fatto che su scribd (link nella sua bio di instagram) dove possiamo trovare le sue note, mailbag, ecc (tradotte da noi alla voce Autore) possiamo leggere i suoi pensieri, la sua rabbia, la sua delusione, la sua serenità… ecc. Quanto meno una parte di quello che lui è, o di quello che lui vuole far sapere di sè.

“Questo è sconvolgente? Forse per qualcuno. Personalmente, io non vorrei passare del tempo in compagnia di qualcuno – nella vita reale o online – che si rifiuta di riconoscere il proprio limite/oscurità. La loro capacità di portare un po’ di merda. Questi individui sono, in base alla mia esperienza, spesso i più pericolosi. Non ci sono santi. Secondo me. Né qui né altrove. Solo persone (si spera) che fanno del loro meglio. Il che pare dominare il nostro peggio. W.M.”

2 Risposte a “Wentworth:”sono autistico e lo sono sempre stato. Questo è essenziale per definire chi sono””

    1. Grazie, merito molto anche del vostro supporto. Se ci siete noi siamo spronate a tenere aperto questo blog per i follows futuri, in attesa che Wentworth torni sulle scene.

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